Per il Festival dedicato a Mario Castelnuovo-Tedesco ecco una vera rarità: “L’importanza di esser Franco”, adattamento in versione ritmica della celebre commedia in 3 atti di Oscar Wilde.
La 70ª Stagione Lirica dell’Ente Luglio Musicale Trapanese - Teatro di Tradizione si accompagna al Festival dedicato a Mario Castelnuovo-Tedesco, nel 50° anniversario della sua scomparsa. Compositore fiorentino di religione ebraica, emigrato negli Stati Uniti a causa delle leggi razziali, Castelnuovo-Tedesco compose un'adattamento in versione ritmica della celebre commedia in 3 atti di Oscar Wilde L’importanza di esser Franco (spesso tradotta in italiano con “Ernesto” anziché “Franco”, circostanza che tuttavia fa perdere il doppio senso del nome Earnest-Ernest, che in inglese appunto significa anche “onesto/franco”).
Oscar Wilde si aggira per il Chiostro
L'operazione trapanese con cui viene mirabilmente riscoperto questo lavoro, leggero quanto complesso, è frutto del progetto didattico Luglio Musicale Opera Studio ed è stato messo in scena per la regia di Giovanni Scandella nello splendido Chiostro di San Domenico, luogo di recente restituito alla città, reduce dai danni vandalici dei mesi scorsi. Il luogo è importante per la percezione di uno spettacolo in cui la scrittura sagace si unisce ad una linea musicale solo apparentemente facile, ma in realtà non priva di continui capovolgimenti e variazioni, e qui tutto viene sottolineato ed anzi esaltato dagli archi di pietra e dagli sbalzi delle scene. La partitura prevede infatti numerose incursioni in note melodie, da Wagner a Verdi, come interpunti di sottolineatura che agiscono non come semplificazione ma come divertissement sofisticato, ed il Maestro Piergiorgio Del Nunzio ha reso alla perfezione questa sensazione, con una direzione molto elegante e sobria, ed una esecuzione che ha beneficiato dell'ottima vena dei due pianisti Chiara Pulsoni e Lorenzo Orlandi, accompagnati dalle percussioni di Luca Valenza e Carlo Pisciotta.
Opera Studio, risultati eccellenti
Ma quello che ha davvero colpito è stato l'affiatamento e l'alto livello professionale dell'intero gruppo, nessuno escluso: i giovani interpreti provenienti dall'Opera Studio hanno disegnato i personaggi con tecnica vocale e recitazione eccellenti, entrando in maniera incantevole in ogni aspetto del gusto vittoriano del paradosso e della commedia borghese inglese del XIX secolo, accompagnando il garbo del testo con una certa libertà di espressione che si comprende essere stata loro lasciata dalla regia. E per assolvere al difficile compito di ricordare soltanto alcuni di loro, scegliamo Tiberia Monica Naghi, che ha dato a Lady Gwendolen Fairfax interpretazione e potenza con le sfaccettature espressive adeguate, oltre ad un Gianluca Moro (Jack Worthing) assai raffinato e completamente nella parte, Roberto De Gennaro Crescenti (un Algernon Moncrieff dalla presenza sempre precisa) e il Reverendo Chasuble di Alessandro Agostinacchio, un ruolo marginale che tuttavia consegna grande spessore alla coerenza e credibilità della narrazione.
Grazie a loro, ed agli ambienti che hanno ridotto la pièce in due soli atti, Giovanni Scandella ha ricreato nel Chiostro quella campagna inglese che sapeva raccontare di civetterie e profondità leggere attraverso la penna di Oscar Wilde, anche grazie ad incroci e tempi scenici molto curati, oltre all'afternoon tea che legava sala e palco.
Tutto esaurito per la prima recita. Stasera si replica.